Provinciale contemporaneo

IL TRATTO E LA MACCHIA

Quando a metà dell’Ottocento nelle sale fumose del Caffè Michelangiolo di Firenze un’allegra brigata di giovani parlò per la prima volta di pittura a macchia, scoppiò una vera e propria rivoluzione. Ma la fortuna critica che ebbero quegli spavaldi ribelli antiaccademici – che sarebbero diventati i celebri Macchiaioli – non fu sempre clemente con loro. Tacciati di provincialismo nel scegliere tematiche dal vero di vita vissuta nei campi, e nel rendere eroiche delle cenciose fascinaie, ebbero per lungo tempo difficoltà a raggiungere la fama dei loro coevi francesi. Stupisce quindi positivamente il fatto che una giovane pittrice talentuosa si affidi ai colori della provincia per rimettere questi temi al centro dell’attenzione. Così come la tradizione macchiaiola ridava dignità con fierezza agli umili luoghi d’origine, Marta Lorenzon dona una nuova luce alla vita rurale della campagna pordenonese dov’è nata e dove è tornata a vivere, rivendicandone il valore intrinseco e togliendo quella patina di negatività che nella collettività assume il contesto campestre rispetto alla metropoli.

Nei suoi Provincial pattern ricrea un modulo, uno schema, una texture che si ripete ossessivamente, nel catturare le variazioni delle luci del giorno e i contrasti cromatici a colpi di spatolate, come facevano i suoi predecessori. Con una visione larga ed estesa che ricrea la percezione visiva a volo d’uccello, racconta affidandosi soltanto a frammenti mnemonici quella che è la sua provincia di nascita, con i suoi campi coltivati, i profili alberati che si vedono appena nella gestualità della pennellata e il cielo terso, che si trasforma con un procedimento intimistico in luogo intimo d’elezione. Il momento mnemonico non è frutto di un’atmosfera onirica o sognata, quanto più di frammenti di una realtà realistica o al contrario sottilmente falsata poiché recuperata da una memoria non sempre fedele e talvolta idealizzata, che va a ricomporre abilmente i suoi pezzi sparsi sulla tela, seguendo la libera interpretazione dell’artista. Anche quando affronta il paesaggio urbano come in Cerva dorata, gioca di prospettiva per ricostruire un ambiente sempre contaminato dall’uomo da cui il mondo animale fugge terrorizzato. L’attività parallela di illustratrice permette a Marta Lorenzon di focalizzare l’attenzione su due elementi – il tratto per i disegni e la macchia per la pittura – e di ricongiungerli felicemente assieme per ricostruire una natura che non è mai serena e incontaminata ma sempre maltrattata dalle mani dell’uomo. Anche nei volti e nelle figure umane, nei quali si presuppone un attento studio, non si discosta mai dai familiari o da persone a lei vicine, intrappolata segretamente nelle maglie di una quotidianità affettuosa (la nonna, le sorelle) che rappresentano un piccolo universo personale. Prospettandoci una visione a volte definita altre volutamente sfuocata, Marta Lorenzon costruisce corpi componendoli e scomponendoli, avvolgendoli di una luce crepuscolare e di una fredda ombra celeste che si posa sull’incarnato, creando una tensione che registra un movimento, e stabilisce un punto di vista che non è mai univoco ma si compone di visuali sfaccettate.

Mentre nel dipinto viene scomposta la macchia, nel disegno è il tratto che perde la sua traiettoria poiché più che l’immagine dal vero le interessa cogliere il momento esatto di un ricordo per poterlo rivivere. Poichè quanto più ci si allontana dal proprio luogo di casa, tanto più vi si ritorna col pensiero.

Francesca Baboni

PROVINCIA SINERGICA

La provincia e la metropoli sono due miti fallaci. Non esistono come situazioni evidenti. Solo in compenetrazione una all’altra hanno ragione d’essere. Se non si tiene conto di ciò è facile scadere in luoghi comuni duri a sradicarsi nel sentore collettivo. Marta Lorenzon, nata, uscita e rientrata in provincia, sa bene cosa vuol dire destreggiarsi con cognizione attraverso queste dimensioni territoriali che si riverberano ampiamente sulle questioni più personali. La realtà ha sedimentato nell’artista una serie di rimandi ad uno spessore sia personale che immaginativo peculiare. Ecco quindi che nelle opere ci sono rimandi alla memoria, dove la visione si congiunge con il vissuto per trovare nuovi paradigmi compositivi. Le radici di una persona sono un sentore che chiama perennemente, ovunque l’essere si trovi a stabilirsi o a transitare. Attraverso un lavoro personalmente vissuto, Marta Lorenzon accosta una serie di macchie più visibili e meno, segno evidente di un ricorso anche prospettico legato al paesaggio che si fa più o meno evidente nella ricerca estetica proposta. La natura non è mai incontaminata, pulsa della presenza umana, sovente parecchio nefasta per l’equilibrio dell’ecosistema. Nei ritratti sono ancora i ricordi visivi che sedimentano le composizioni, con un sostrato di punti di vista o combinazioni in cui anche il movimento ha la sua notevole parte. La reminiscenza infatti non si può considerare in un’unica direzione, è sempre decostruita in numerosissimi rivoli. Inoltre ci ricorda il vivere la vita, con segni più o meno evidenti di tale passaggio esistenziale. Marta Lorenzon vive e ricrea attraverso questo materiale personale, cosciente che tra visibile e meno invisibile si giocano percorsi semantici unici. Vivere la provincia, rivendicarne la peculiarità è poi un tragitto nella contemporaneità sempre pregno d’implementazioni non solo individuali. Certamente tutto parte dal personale ma queste singolarità in fondo possono essere un collettivo monito a non disperdere le radici in un’inutile viaggiare senza senso alcuno.

Stefano Taddei